Il diario di Britta (pagina 7)


6. O capitano, o mio capitano – 1 ottobre 1974



britta
Cara Mary,

ai tuoi tempi la pallavolo andava di moda? Te lo chiedo perché immaginandoti a correre da una parte all’altra del campo con la tua camicetta bianca, il gonnone, l’ombrello e la borsa saresti stata proprio buffa!

Oggi però le ragazze ci vanno matte. Dovevi vedere stamattina come si è riempita la palestra per la prima partita del torneo tra scuole, e come era caldo il tifo, tra cori e striscioni di incitamento alle nostre beniamine e accidenti alle avversarie. Peccato solo che sia durata meno di un’ora: le abbiamo asfaltate…

Che invidia, le giocatrici ora si potranno godere un paio di settimane di assoluta popolarità nei corridoi e di ammirazione generale durante gli intervalli, e anche le secchione più impenitenti le faranno copiare i compiti e le prove come noi comuni mortali ce lo sogniamo. Quanto vorrei far parte della squadra, però temo di dovermi mettere il cuore in pace, almeno per un po’: giocano quelle più grandi, quelle degli ultimi anni, che con le loro gambe e braccia lunghissime arrivano su ogni pallone. L’unica cosa che non mi piace è che per ogni punto cacciano certi urlacci da adulte fatte e finite. So che lo fanno per darsi la carica a vicenda, ma a me ricordano i racconti di Alena sui suoi genitori, che ogni santo giorno iniziano a gridarsi addosso già a colazione. Litigano per qualunque sciocchezza, dal caffè che è freddo al pane che è secco al latte che è scaduto, tanto che la povera Alena non vede l’ora di andare a scuola. E non la finiscono nemmeno a sera: prendono fuoco per quello che dicono al telegiornale, per le prossime elezioni del borgomastro, perché uno dei due si è addormentato guardando il film preferito dell’altro. Perché a volte gli adulti sono così infantili?

A dir la verità le ragazze della squadra di pallavolo urlano tutte tranne una, la palleggiatrice. Si chiama Nora, ed è anche il capitano: lei, qualunque cosa succeda resta sempre calma, mai che alzi la voce verso una compagna o contro un’avversaria. Le basta uno sguardo o un mezzo sorriso a questa o quella, che subito la capiscono. Chissà se è semplicemente che si fidano di lei, se sono davvero convinte che la sappia più lunga, o se pensano sia più facile lasciar decidere qualcun altro invece che fare da sé. Proprio non lo so, a me sembra che passerà un secolo prima di diventare una vera donna, una che gli altri ascoltano, come Nora. O mamma.

Già, perché Nora e mamma si somigliano molto. Prima che papà partisse per il tour, e noi ci trasferissimo dai nonni, nemmeno lei alzava la voce. 

Praticamente mai. Giusto gli ultimi tempi, mi è capitato di svegliarmi qualche volta di notte che avevo sete, e andando in cucina a prendere un bicchiere di latte li ho sentiti discutere in camera. Non so con che ce l’avevano, la porta era chiusa e non volevo farmi scoprire nel bel mezzo di una delle mie scorribande: sarà stata una di quelle robe noiosissime su cui i grandi perdono un sacco di tempo, così me ne tornavo dritta a letto.

Appena papà finisce il tour e torna a casa però glielo dico, di smetterla di perdere tempo con certe cose, che non ne vale la pena. Piuttosto, come Nora e le sue ragazze, anche noi tre istituiremo un codice segreto per capirci al volo: basterà un occhiolino, un mezzo sorriso, un movimento della mano o un gesto delle dita, al massimo una parola d’ordine e capiremo subito se è tutto ok, o cosa possiamo fare per aiutarci. Sarà qualcosa solo nostro, e di nessun altro. D’altronde siamo o no anche noi una squadra fortissima?

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"Il diario di Britta" table of contents

  1. Il diario di Britta
  2. 1. A occhi chiusi - 11 agosto 1974
  3. 2. Fidanzati - 15 agosto 1974
  4. 3. Mia mamma - 7 settembre 1974
  5. 4. Diventare grandi - 10 settembre 1974
  6. 5. La telefonata - 18 settembre 1974
  7. 6. O capitano, o mio capitano - 1 ottobre 1974

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